Della storia della Signora Maria Grammatico di Erice non sapevo nulla.
Non sapevo neppure di essere entrata nella sua pasticceria, attratta dalle vetrine “old style” che farebbero la gioia di tutte le food blogger che si definisco tali.
Ma che io non sia una food blogger, o forse sarebbe meglio dire che lo sono ma del tutto atipica, lo so da quando timidamente mi sono affacciata in questo mondo a me sconosciuto.
E me lo ripeto tutte le volte che mi domando – cosa ci faccio io con un blog – visto che lo lascio spesso abbandonato a se stesso presa dalle priorità che riempiono le mie giornate.
Ma questa è un’altra storia, una storia mia , una divagazione del pensiero, che di fatto non c’entra nulla.
Ero nella pasticceria di Maria Grammatico, dicevo, e non lo sapevo.
L’ho scoperto però prima di uscire.
Lei,
la Signora Maria, ha appreso l’arte della pasticceria dalle suore di
clausura di Erice, dove ha trascorso l’infanzia insieme alla sorella, e
lo ha fatto rubando con gli occhi quei trucchi e quegli insegnamenti
che le suore, gelose del loro saper fare, non lesinavano, neppure con la
parsimonia di chi di tempo a disposizione, ne ha da dare.
Ed è una vera fortuna che la passione e la voglia di riscattarsi giochino ruoli fondamentali nella vita.
Ne
sono sempre stata più che certa.
La Signora Maria seguendo un sogno ed
una passione, ha creato dolci che sono tra i più buoni e
caratteristici di tutta l’isola. E lo racconta in un libro del quale ho
amato subito il titolo , “Mandorle amare”
Le
pasticcerie di Maria Grammatico meritano certamente una visita se caso
mai , come me, vi troverete a passare da quelle parti, tra le strette viuzze di Erice (trovate le mie foto qui), che sopra al monte, si mostra in
tutto il suo fascino.
Così
come le sue Genovesi ericine meritano un assaggio, se non altro perchè
sono uniche e buonissime e di tutti i dolci che ho assaporato in
Sicilia, sono risultate le mie preferite già dal primo assaggio, quella prima mattina a Trapan, seduta al Caffè del Corso, quando ancora ignoravo la loro storia!
Ingredienti
Per la frolla
per circa 10 genovesi
125 g di farina di grano duro
125 g di farina 0
100 g di zucchero
100 g di burro
2 tuorli
20 ml circa di acqua fredda
Per la crema
1 tuorlo
70 g di zucchero
20 g amido di mais
250 ml di latte
Buccia grattugiata di mezzo limone
Mescolate in una ciotola le due farine e lo zucchero. Aggiungete ilburro a pezzetti e con l’aiuto della lama di un coltello, incorporatelo alle farine. Aggiungete un tuorlo alla volta ed infine, l’acqua necessaria per ottenere un impasto omogeneo, le mie farine ne hanno assorbito 20 ml.
Avvolgete l’impasto nelle pellicola e fate riposare in frigo per mezz’ora.
Preparate la crema : sbattete in un pentolino il tuorlo con lo zucchero, sciogliete l’amido di mais in mezzo bicchiere di latte (a temperatura ambiente) , aggiungetelo a filo sul tuorlo mescolando bene con la frusta, aggiungete infine il latte rimasto e portate sul fuoco. Cuocete a fiamma bassa mescolando continuamente per circa 10 minuti , finchè non diventi una crema piuttosto densa.
Versate in un recipiente di vetro, aggiungete la scorza del limone grattugiata, girate, coprite con la pellicola e fate intiepidire.
Riprendete la pasta, stendetela dello spessore di circa mezzo centimetro, con un tagliapasta del diametro di 8 cm (o anche 10 cm) ritagliare tanti dischi di pasta.
Con un cucchiaio, versate abbondante crema sulla metà dei dischi di pasta, ricoprite con il disco vuoto e sigillate bene i bordi, premendo la pasta al centro per farla aderire alla crema.
Cuocete in forno caldo a 180 ° , per circa 20-30 minuti , fino a leggera doratura.
Servite fredde o tiepide, con una spolverata abbondante di zucchero a velo. Note : La ricetta proviene da qui e devo dire che si avvicina molto al sapore ed alla consistenza delle originali.
Essendo la prima volta che mi cimentavo nella loro preparazione, ho diviso a metà le dosi degli ingredienti ed ho fatto i dolcetti un poco più piccoli (8 cm di diametro anzichè 10 cm).
Ecco, se volete un consiglio, raddoppiate gli ingredienti tranquillamente, sono troppo buone!
Infine, per fare le foto, ho tagliato l’Ericina ancora caldissima e la crema mi è scappata, ma vi assicuro, era molto più abbondante , perchè si deve abbondare nel ripieno!
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2 Comments
Quanta poesia in questa ricetta..un cuore di tradizione racchiuso in una croccante storia 🙂 Complimenti!
che delizia questi dolcetti, e che foto incantevoli…..chapeau!